
La Bhagavad Gita narra che da lì a poco, nella piana dei sacrifici rituali ai Deva, inizierà la guerra del Kurusektra dove verranno sacrificati migliaia di soldati.
Il Principe Arjuna sa che la battaglia sarà devastante e si sente corresponsabile di quello che accadrà.
Di fronte a lui, tra i nemici sono schierati maestri, parenti e amici. Il suo animo è turbato, vorrebbe tirarsi indietro, ma deve compiere il suo dovere.
Non ha scelta deve partecipare a questa lotta eterna tra il bene e il male, nonostante divampino in lui, paure, dubbi, angosce e complessi di colpa.
In questa piana dove gli eserciti sono pronti a darsi battaglia, egli chiede consiglio a Dio, a Krishna la Persona Suprema, che combatterà questa battaglia al suo fianco. Krishna trainerà il suo carro e porterà il suo esercito alla vittoria, perché chiunque combatta con Dio al proprio fianco è già vittorioso.
Questo è lo “sektra” il campo delle emozioni più vere, dove i valori della vita entrano in gioco.
La battaglia del Kurusektra è la battaglia in cui emerge la coscienza. Non è forse dalla collisione della materia che nasce l’universo stesso?
Dentro i nostri corpi continue grandi guerre sono combattute per mantenere il nostro equilibrio. Milioni di cellule nel nostro sistema immunitario sono costantemente in guerra contro parassiti, virus e batteri. Senza il loro sacrificio fisico e la loro morte, la nostra vita fisica cesserebbe immediatamente.
Morte e creazione fanno parte della stessa natura.
“La guerra” dice Eraclito “è il padre di tutte le cose, la guerra è il sovrano onnipotente“.
Ed è in questa lotta totale degli opposti per raggiungere l’equilibrio che l’uomo chiede consiglio a Dio e sfoga i suoi timori e le sue paure.
Arjuna ci rappresentata di fronte alla Persona Suprema e pone quelle stesse domande che noi stessi avremmo formulato.
Non possiamo rinunciare all’azione dobbiamo agire. In questo campo di battaglia (che è quello della vita) non ci si può tirare indietro. Arjuna (come noi) deve compiere il suo swadharma, armato della conoscenza dello yoga deve combattere.
“Ciò che importa è lo stato d’animo che accompagna l’azione stessa” gli dice Krishna “Agire impersonalmente senza passione, senza desiderio, come se si agisse per procura di un altro. Il successo e l’insuccesso sono uguali, l’equaniminità è ciò che conta.”
La Bhagavad Gita ci insegna a stringere un rapporto personale con Dio.
A questo proposito vorrei rinforzare quanto affermato dall’articolo, ricordando il concetto di “Azione disinteressata”, presente nella Bhagavad Ghita come linea guida di ogni azione umana. Si tratta di agire secondo quello che è il nostro dovere, ma senza rimanere attaccati al frutto delle nostre azioni. Agire senza attaccamento ci svincola dalle conseguenze di rinascite sfortunate.
Certo di aver fatto cosa gradita,
Porgo cordiali saluti.